E’ stato scritto molto sugli sviluppi libertari che sarebbero giunti con l’uso del WEB, strumento infinitamente migliore degli altri per creare una conoscenza comune, universale, rapida ed economica; al punto da polverizzare i prezzi di molti servizi che prima erano a carico nostro: agenzie, enciclopedie, alberi, benzina, file agli uffici, musica etc…. Dando una bella scossa anche allo status quo delle potenze che fino a oggi hanno regolato i mercati della produzione. Tuttavia le società non hanno una predisposizione al miglioramento rapida come, per esempio, l’acqua a seguire le linee di pendenza. Diceva Solzenitszyn all’ epoca della caduta del muro che l’est non avrebbe beneficiato in principio del progresso reale ma sarebbe stato invaso solo dai rivoli sporchi del capitalismo globale. Mc Donalds, armi, turismo sessuale. Profezia avverata.La stessa osservazione si poteva fare sul Web, che è in sé la caduta di mille muri. La rete ha dapprima dato il peggio di sé, servendo quasi da appendice ipertrofica e miracolosa a quegli 144 e co. che un Grillo troppo parlante aveva denunciato (ricavandone molti anni di fastidi giuridici ed un ostracismo ventennale dalla tv pubblica) con la profferta brulicante ed invasiva di sex money e trends vari, quando non di vere e proprie truffe, insinuantesi nel nostro tempo telematico. Era ovvio insomma che quelli che già erano i professionisti del consenso istintuale si trovassero pronti prima degli altri a sfruttare le vie infinite del WWW. Il progresso si sa è necessariamente lento, poiché esso non è una scoperta in sé, per esempio dell’auto ad idrogeno, ma solo la sua applicazione su larga scala. La parola progresso ha quindi un legame imprescindibile con la democrazia applicata. E’ un consenso educato che rivaleggia contro centinaia di consensi istintuali. Quindi ha bisogno di catalizzatori ed archivi che permettano un accumulo dei risultati, ovvero di non ripartire ogni giorno dal punto di partenza. Questo magniloquente incipit sociofilosofico sembra ineludibile per parlare di un certo comico divenuto catalizzatore sociale di ciò che abbiamo chiamato consenso educato: il signor Grillo. La sua biografia è nota, la sua reputazione pure. Si dica solo che in un paese dove infangare è uno sport ben rodato e diffuso, egli, pur facendosi parecchi nemici, anzi davvero tanti e tutti titanici, è uscito pulito da ogni scontro. Egli da parecchio tempo ha trasceso i suoi confini di comico, perseguendo uno scopo che qualcuno, poco ferrato nel ruolo della satira, potrebbe indicare come un vero conclamato conflitto di interessi: infatti se apparentemente riesce ogni giorno a incendiare di risate i palazzetti d’Italia, tuttavia si vedono uscire fiumi di persone inquinati da un senso di tristezza e rabbia. Da più vent’anni egli ha un crescendo, perché egli è un database che accumula conoscenza, è un hardware che migliora di giorno in giorno l’uso di software e periferiche. Se la sua carica umoristica non è una novità, egli porta con sé sempre cose nuove, e le sue cose più datate non invecchiano perché rovistano nella soffitta dei problemi irrisolti. Così si esce dai suoi spettacoli con l’idea di vivere in un paese soffitta. Ciò detto, quale poteva essere quindi il frutto dell’incontro del signor Grillo con il Web? Questo strumento certamente democratico ha offerto al nemico nr. 1 dell’144 un appendice altrettanto miracolosa alla propria attività di sentinella sociale. Il suo consenso ha trovato un misuratore fedele e che dà in tempo reale, giorno per giorno, il resoconto del suo lavoro e della sua audience. In un tempo in cui si discute assai di quanto avere il controllo di televisioni assicuri il potere fa riflettere la prova di forza di uno che grazie alla propria reputazione, allontanato dalla TV pubblica, ha sbaragliato tutti nella classifica dell’audience attiva che ogni giorno entra in rete alla ricerca di informazioni meno filtrate dai sistemi di potere. Il Blog di Grillo, aperto poco più di un anno fa, è il primo in Italia, di gran lunga più visitato e con un numero di iscritti molto maggiore del secondo, che è quello di Repubblica, ovvero del quotidiano più venduto e autorevole del paese. Un quotidiano è di per sé un contenitore di informazioni e ha al suo servizio centinaia di produttori di notizie quindi non dovrebbe esserci discorso. Non è finita qui. Non poteva il signor Grillo non cercare di risolvere il suo conflitto di interessi, ovvero quello spacciare tramite risate un depresso senso di impotenza. Non poteva lasciare i nostri cuori in soffitta. Le parole senza i fatti sono aria fritta. Quindi egli in prima persona ha intrapreso delle vere e proprie battaglie, una dopo l’altra come Orazi e Curiazi. Battaglie concrete ed importanti, come quella per riacquistare il potente microscopio necessario a due ricercatori scomodi ed indipendenti per individuare nei nostri cibi i corpuscoli PM05, ovvero gli unici accertati elementi tumorali, differenti dai PM10 che si individuano tramite i rilevatori di inquinamento e che in realtà vengono espulsi più facilmente tramite secrezioni. Ma c’è di più, molto di più, c’è l’invasione dei grilli: dal suo blog si è sviluppata un infiorescenza sorprendente di gruppi, a centinaia, ogni centro urbano ne ha uno, molte città ne hanno più di uno: sono gli amici di Grillo e creano discussioni, incontri, iniziative; essi scendono nell’agorà virtuale ma anche per le strade, parlano di leggi truffa, di energia pulita, di commercio intelligente e di etica politica. Parlando di cose reali essi riscattano alcune parole che dai tempi della Grecia antica ha perso parecchio mordente e altrettanta reputazione, essi fanno Politica, esprimono Democrazia. Non ci eravamo abituati, stavamo finendo col pensare che solo una potente operazione commerciale poteva creare un consenso così rapido, entusiastico e dilagante. Ma bastano le risate a spiegare il fenomeno Grillo? No, c’è qualcosa di più. Poiché una delle molle che Mr Grillo, da buon genovese, innesca rispetto ai tanti movimenti sociali, ecologisti, equo solidali, di volontariato e così via, è che non si appella tanto al sacrificio, alle nostre rimesse per salvare una metà del mondo malata, ad una rinuncia generale, non invoca solidarietà pagata con un calo del benessere. Anzi, Grillo insegna che questo sistema socio politico economico sanitario per come è fatto ci deruba, ci avvelena e ci istupidisce. Possiamo essere più ricchi con meno problemi, con meno scorie nei mari e sulla coscienza se solo impariamo a tenere d’occhio le dinamiche di mercato e di circolazione delle informazioni. Sono meccanismi meno complicati di ciò che sembra e se vogliamo davvero chiamare liberismo quell’intreccio affaristico che li ha creati allora il liberismo non è affatto auto regolamentato. Al contrario è un bambino pigro, ingordo e pasticcione. Quale speranza hanno organizzazioni come l’Unesco, Greenpeace o Amnesty nel ridestare le coscienze se non capiamo neppure che il nostro farmacista, il sindaco e il nostro consulente economico ci raccontano fiabe ben memorizzate? Se le reclam diventano l’ottanta per cento di ciò che crediamo di sapere?
Friday, July 28, 2006
Rido ma mi fido del Grillo che grida
E’ stato scritto molto sugli sviluppi libertari che sarebbero giunti con l’uso del WEB, strumento infinitamente migliore degli altri per creare una conoscenza comune, universale, rapida ed economica; al punto da polverizzare i prezzi di molti servizi che prima erano a carico nostro: agenzie, enciclopedie, alberi, benzina, file agli uffici, musica etc…. Dando una bella scossa anche allo status quo delle potenze che fino a oggi hanno regolato i mercati della produzione. Tuttavia le società non hanno una predisposizione al miglioramento rapida come, per esempio, l’acqua a seguire le linee di pendenza. Diceva Solzenitszyn all’ epoca della caduta del muro che l’est non avrebbe beneficiato in principio del progresso reale ma sarebbe stato invaso solo dai rivoli sporchi del capitalismo globale. Mc Donalds, armi, turismo sessuale. Profezia avverata.La stessa osservazione si poteva fare sul Web, che è in sé la caduta di mille muri. La rete ha dapprima dato il peggio di sé, servendo quasi da appendice ipertrofica e miracolosa a quegli 144 e co. che un Grillo troppo parlante aveva denunciato (ricavandone molti anni di fastidi giuridici ed un ostracismo ventennale dalla tv pubblica) con la profferta brulicante ed invasiva di sex money e trends vari, quando non di vere e proprie truffe, insinuantesi nel nostro tempo telematico. Era ovvio insomma che quelli che già erano i professionisti del consenso istintuale si trovassero pronti prima degli altri a sfruttare le vie infinite del WWW. Il progresso si sa è necessariamente lento, poiché esso non è una scoperta in sé, per esempio dell’auto ad idrogeno, ma solo la sua applicazione su larga scala. La parola progresso ha quindi un legame imprescindibile con la democrazia applicata. E’ un consenso educato che rivaleggia contro centinaia di consensi istintuali. Quindi ha bisogno di catalizzatori ed archivi che permettano un accumulo dei risultati, ovvero di non ripartire ogni giorno dal punto di partenza. Questo magniloquente incipit sociofilosofico sembra ineludibile per parlare di un certo comico divenuto catalizzatore sociale di ciò che abbiamo chiamato consenso educato: il signor Grillo. La sua biografia è nota, la sua reputazione pure. Si dica solo che in un paese dove infangare è uno sport ben rodato e diffuso, egli, pur facendosi parecchi nemici, anzi davvero tanti e tutti titanici, è uscito pulito da ogni scontro. Egli da parecchio tempo ha trasceso i suoi confini di comico, perseguendo uno scopo che qualcuno, poco ferrato nel ruolo della satira, potrebbe indicare come un vero conclamato conflitto di interessi: infatti se apparentemente riesce ogni giorno a incendiare di risate i palazzetti d’Italia, tuttavia si vedono uscire fiumi di persone inquinati da un senso di tristezza e rabbia. Da più vent’anni egli ha un crescendo, perché egli è un database che accumula conoscenza, è un hardware che migliora di giorno in giorno l’uso di software e periferiche. Se la sua carica umoristica non è una novità, egli porta con sé sempre cose nuove, e le sue cose più datate non invecchiano perché rovistano nella soffitta dei problemi irrisolti. Così si esce dai suoi spettacoli con l’idea di vivere in un paese soffitta. Ciò detto, quale poteva essere quindi il frutto dell’incontro del signor Grillo con il Web? Questo strumento certamente democratico ha offerto al nemico nr. 1 dell’144 un appendice altrettanto miracolosa alla propria attività di sentinella sociale. Il suo consenso ha trovato un misuratore fedele e che dà in tempo reale, giorno per giorno, il resoconto del suo lavoro e della sua audience. In un tempo in cui si discute assai di quanto avere il controllo di televisioni assicuri il potere fa riflettere la prova di forza di uno che grazie alla propria reputazione, allontanato dalla TV pubblica, ha sbaragliato tutti nella classifica dell’audience attiva che ogni giorno entra in rete alla ricerca di informazioni meno filtrate dai sistemi di potere. Il Blog di Grillo, aperto poco più di un anno fa, è il primo in Italia, di gran lunga più visitato e con un numero di iscritti molto maggiore del secondo, che è quello di Repubblica, ovvero del quotidiano più venduto e autorevole del paese. Un quotidiano è di per sé un contenitore di informazioni e ha al suo servizio centinaia di produttori di notizie quindi non dovrebbe esserci discorso. Non è finita qui. Non poteva il signor Grillo non cercare di risolvere il suo conflitto di interessi, ovvero quello spacciare tramite risate un depresso senso di impotenza. Non poteva lasciare i nostri cuori in soffitta. Le parole senza i fatti sono aria fritta. Quindi egli in prima persona ha intrapreso delle vere e proprie battaglie, una dopo l’altra come Orazi e Curiazi. Battaglie concrete ed importanti, come quella per riacquistare il potente microscopio necessario a due ricercatori scomodi ed indipendenti per individuare nei nostri cibi i corpuscoli PM05, ovvero gli unici accertati elementi tumorali, differenti dai PM10 che si individuano tramite i rilevatori di inquinamento e che in realtà vengono espulsi più facilmente tramite secrezioni. Ma c’è di più, molto di più, c’è l’invasione dei grilli: dal suo blog si è sviluppata un infiorescenza sorprendente di gruppi, a centinaia, ogni centro urbano ne ha uno, molte città ne hanno più di uno: sono gli amici di Grillo e creano discussioni, incontri, iniziative; essi scendono nell’agorà virtuale ma anche per le strade, parlano di leggi truffa, di energia pulita, di commercio intelligente e di etica politica. Parlando di cose reali essi riscattano alcune parole che dai tempi della Grecia antica ha perso parecchio mordente e altrettanta reputazione, essi fanno Politica, esprimono Democrazia. Non ci eravamo abituati, stavamo finendo col pensare che solo una potente operazione commerciale poteva creare un consenso così rapido, entusiastico e dilagante. Ma bastano le risate a spiegare il fenomeno Grillo? No, c’è qualcosa di più. Poiché una delle molle che Mr Grillo, da buon genovese, innesca rispetto ai tanti movimenti sociali, ecologisti, equo solidali, di volontariato e così via, è che non si appella tanto al sacrificio, alle nostre rimesse per salvare una metà del mondo malata, ad una rinuncia generale, non invoca solidarietà pagata con un calo del benessere. Anzi, Grillo insegna che questo sistema socio politico economico sanitario per come è fatto ci deruba, ci avvelena e ci istupidisce. Possiamo essere più ricchi con meno problemi, con meno scorie nei mari e sulla coscienza se solo impariamo a tenere d’occhio le dinamiche di mercato e di circolazione delle informazioni. Sono meccanismi meno complicati di ciò che sembra e se vogliamo davvero chiamare liberismo quell’intreccio affaristico che li ha creati allora il liberismo non è affatto auto regolamentato. Al contrario è un bambino pigro, ingordo e pasticcione. Quale speranza hanno organizzazioni come l’Unesco, Greenpeace o Amnesty nel ridestare le coscienze se non capiamo neppure che il nostro farmacista, il sindaco e il nostro consulente economico ci raccontano fiabe ben memorizzate? Se le reclam diventano l’ottanta per cento di ciò che crediamo di sapere?
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